Cuba e la sua rivoluzione

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    La rivoluzione cubana fu un capitolo della guerra fredda o un sogno di libertà infrantosi? Ne parlano in due interviste a confronto Maurizio Chierici, inviato del Corriere della Sera, e Gordiano Lupo, scrittore e traduttore del blog della giornalista dissidente Yoani Sanchez. Due opinioni per capire una rivoluzione nata per liberare un popolo e degenerata, secondo molti, in un regime.

    Giuliana Rotondi, 1 marzo 2009


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    Ernesto “Che” Guevara: per alcuni
    l’idealista modello, per altri
    un guerrigliero spietato.

    Maurizio Chierici, storico inviato speciale del Corriere della Sera, è un esperto di politica internazionale e negli anni ha seguito l'evoluzione di Cuba e del suo governo. Ecco l'intervista integrale realizzata in occasione del numero di Focus Storia dedicato all'isola dei Caraibi.

    La rivoluzione cubana sarà ricordata nei libri di storia solo come un capitolo della guerra fredda o qualcosa di più?

    Sarà ricordato come la rivolta di una borghesia che provò a introdurre principi democratici in uno stato tradizionalmente governato da dittature, scardinando logiche secolari di corruzione e familismo. E parleremo della rivoluzione castrista come della scuola di guerriglia cha ha acceso rivoluzioni in tutto il Sud America, alimentando l’idea che la lotta armata fosse utile per vincere.

    Quali sono gli atti più gravi del regime castrista e i punti di forza del suo sistema: quali sono state le conquiste sociali più rilevanti?

    Chi ha governato Cuba in questi anni ha creduto molto nella formazione: questo ha favorito lo sviluppo di centri di eccellenza che rendono l’Avana ancora oggi sede di servizi importantissimi. Le cure e gli studi in campo medico biologico, per esempio hanno raggiunto un elevato standard qualitativo. In generale credo che l’accesso a tutti alla scuola dell’obbligo e un’università meritocratica siano oggi i veri punti di forza dell’isola. La catastrofe è stata l’influenza dell’Unione Sovietica: il grigiore del suo regime, di un modulo che dal Kazakistan a Cuba imponeva a tutti i medesimi standard, ha negato qualsiasi libertà. Imponendo non solo l’ateismo di stato, ma anche l’assistenizialismo di stato, creando personalismi e piramidi di potere che hanno oppresso la popolazione e negato le libertà fondamentali.

    E in cosa si è distinta dalle altre rivoluzioni socialiste?

    Quella cubana non è nata come rivoluzione socialista, ma come rivoluzione liberale, di stampo nazionalista. Castro apparteneva al partito ortodosso che oggi chiameremmo liberal, riformista. Quando arrivò all’Avana, su Bohemia, giornale storico della città, uscì con un corsivo in cui spiegava perché i guerriglieri non sarebbero mai stati comunisti. Poche pagine dopo compariva un’immagne della madre e della sorella di Castro che pregavano la Madonna della carità del Cobre, ringraziandola per il ritorno a casa dei figli: segnali che confermano una distanza significativa dal comunismo. Il socialismo è arrivato solo in un secondo momento, come conseguenza di una strategia politica americana miope che ha spinto Cuba tra del braccia dell’Unione sovietica.

    Quanto ha pesato la politica statunitense?

    Gli americano hanno fatto un errore grave: si convinsero di poter far cadere Cuba in sei mesi. Non a caso hanno chiesto alla borghesia di Batista di andare a Miami, promettendo loro di tornare in brevi tempi, cosa mai avvenuta. Furono loro a provocare con l’embargo economico e una politica di ostilità, l’isolazionismo di Cuba: la strategia fu tragica, perché permise ai sovietici di guadagnare terreno, presentandosi opportunisticamente come i difensori di un’isola assediata.

    Oggi una figura come Fidel Castro gode ancora di carisma? E una figura come quella di Che Guevara?

    Fidel ha carisma tra la popolazione, in gran parte nata quando lui era al potere, quindi mediaticamente condizionata. Ma per chi non ha subito la propaganda del regime, Castro appare per quello che è: un politico con scarse capacità comunicative, autore di discorsi interminabili e noiosissimi. La giornalista Rossana Rossanda che andò a Cuba nel 1963, lo conobbe da vicino e lo descrisse come un nazionalista con una cultura scarsa. Diverso il caso di Che Guevara che morì giovane combattendo per gli altri come un apolide idealista: tutti elementi che l’hanno fatto entrare nel mito, facendo passare in secondo piano i suoi errori politici.

    Com’è cambiato negli anni lo stato dell’informazione a Cuba?

    Televisioni, stampa e radio, ripetono tutte, parola per parola, ciò che vuole il regime. Questo crea un clima surreale tra l’opinione pubblica che è non è messa nelle condizioni di potersi fare un’opinione. A Cuba è difficile avere un cellulare, una stampante e un computer: tutti beni di lusso, che spaventano il regime. L’elenco del telefono di 15 anni fa dell’Avana era di 80 pagine. Ancora oggi i computer hanno un prezzo molto elevato, sono per pochi e le linee vengono controllate. Le aperture ci sono, ma sono ancora minime.

    Cosa sarà di Cuba ora che al governo c’è Raúl Castro e in America è stato eletto Obama?


    La generazione dei 50enni vuole un futuro diverso dal loro passato. Ci sono figure come Felipe Pérez Roque che guidano cambiamenti che lasciano intravedere cambiamenti positivi. Se non in questo mandato, molto probabilmente nel prossimo inoltre Obama inoltre riaprirà i contatti con Cuba. Se non l’ha ancora fatto è solo per calcolo politico, per il timore di perdere i voti della lobby anticastrista in Florida.


    (source: Focus)
     
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  2. »Rotten Alice
     
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    perchè non avevo visto questo topic? :O
     
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    forse perchè non sei un'attenta osservatrice :sigh:
     
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2 replies since 3/3/2009, 22:52   23 views
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