L'ospedale del futuro: come, quando, perché

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    Per una riconfigurazione della rete ospedaliera occorrono una strategia nazionale, con la definizione di un set minimo di standard nazionali, che includa buone pratiche e soluzioni innovative, più comunicazione, maggior coinvolgimento dei politici e del frontline staff, nuove regole per la consultazione pubblica che comprendano una corretta e trasparente valutazione delle opzioni sui criteri decisionali, la ridefinizione dei diversi livelli di responsabilità nazionale e locale e delle regole del processo decisionale. Lo rivelano due interessanti report sul sistema sanitario inglese (NHS) dell’Institute for Public Policy Research (IPPR) segnalati dal blog Salute Internazionale.

    Gli obiettivi dell’Ospedale del futuro secondo il primo report sono:

    1. l’approccio di public value: si riconosce all’Ospedale del NHS un public value, vale a dire un valore che riguarda sia il momento attuale che per le generazioni future. Esempi di public value sono lo sfruttamento di un terreno di proprietà collettiva, oppure la televisione pubblica (BBC), espressione dell’equilibrio fra gli interessi immediati dell’ascoltatore, i costi sostenuti dal cittadino che paga le tasse e la funzione educativa rispetto alla popolazione. 2. I risultati in termini di salute (outcomes), attraverso il soccorso, l’azione vera e propria del “salvare” vite umane, il miglioramento dei risultati dei trattamenti, l’aumento dell’efficienza e dell’appropriatezza clinica e la necessità di affrontare i bisogni futuri adattandosi al mutamento degli scenari socio-demografici ed epidemiologici. 3. La qualità e l’accessibilità dei servizi, la possibilità di scegliere e di personalizzare l’assistenza. 4. L’equità e la fiducia: nonostante il NHS si basi sul principio di eguaglianza ed equità, è noto, anche nel nostro paese, come il livello socio-economico e culturale sia ancora determinante in termini di accesso ai servizi sanitari; inoltre potersi “fidare” ed “essere soddisfatti” del NHS contribuisce ad inserire il sistema sanitario in un ambito più ampio che ha a che fare con l’identità nazionale e locale, con le alleanze socio-politiche, con il coinvolgimento e le aspettative dei cittadini, dei pazienti e degli operatori.

    Il secondo report giunge a dieci risultati chiave:

    1. i processi di riorganizzazione ospedaliera devono avere come prima finalità quella di ridisegnare i servizi piuttosto che tagliarli. 2. Il coinvolgimento e l’accordo sui principi del cambiamento sono possibili, ma sono minacciati dal sospetto che ciò si attui al fine di ridurre i costi, fornendo così una elemento di forza a chi si oppone ai cambiamenti. 3. Gli obiettivi del cambiamento sono condivisi, ma non vi è accordo sulla loro interpretazione: in particolare non vi è sufficiente conoscenza, da parte della popolazione, dei problemi connessi alla sicurezza del paziente; la popolazione tende quindi ad orientare la propria attenzione su tematiche meno prioritarie. Ciò è dovuto anche a una “omertà” (conspiracy of safety) da parte dei clinici sul tema della sicurezza. 4. Mentre vi è stato un buon coinvolgimento dei clinici nel promuovere il cambiamento, ciò ha coinvolto meno sia i politici che gli operatori che hanno un primo contatto con gli utenti (frontline staff). 5. Il coinvolgimento e la discussione si sono concentrati sui principi del cambiamento, ma c’è stata una forte opposizione quando si è trattato di discutere di scelte a livello locale, assistendo, analogamente a quanto accade in caso di scelte impopolari relative alla localizzazione di impianti pubblici (discariche, inceneritori, centri per soggetti in marginalità etc.), a posizioni definibili come “NIMBY” (Not In My Back Yard, “non nel mio cortile”). Nel caso dell’ospedale si assiste invece all’effetto HIMBY (Hospital in My Back Yard). 6. “Paradosso di consultazione”: il processo di consultazione e scelta della localizzazione ospedaliera è percepito come proceduralmente iniquo, se non addirittura una finzione. 7. I Comitati di verifica delle autorità locali (HOSC) sono stati coinvolti sui principi del cambiamento ma non sulla scelta della localizzazione. 8. Le Municipalità si sono trovate in una posizione difficile accettando spesso i principi del cambiamento nei tavoli di confronto riservati, opponendosi poi a livello locale, minando il processo di cambiamento, dichiarando che le modifiche erano motivate dai tagli e non evidenziando i miglioramenti nei servizi. 9. I politici locali hanno avuto un’opportunità politica, anche in termini di difesa dell’esistente, un potere ambiguo e nessuna responsabilità. 10. C’è stato un gap di responsabilità a livello locale, le decisioni e le regole sono state definite a livello centrale e poi riportate alla popolazione locale, che si è sentita scavalcata, sfiduciata rispetto al processo, ed ha così rifiutato l’esito delle decisioni prese.

    Commentano Marco Geddes da Filicaia, Direttore Sanitario del Presidio Ospedaliero Firenze Centro, Azienda Sanitaria di Firenze e Francesca Ciraolo, responsabile Educazione alla Salute Azienda Sanitaria di Firenze: "Il cambiamento nelle politiche sanitarie ospedaliere resta controverso e richiede un dibattito vero e ben informato, affinché i processi e le politiche di cambiamento possano assicurare ai servizi sanitari locali migliori risultati ed efficienza, migliorando i servizi per i pazienti ed il coinvolgimento e la fiducia della gente".

    Fonte: Ciraolo F, Geddes M. L'ospedale del futuro. Salute Internazionale 2009.
     
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